Film - Florian Henckel von Donnersmarck - Germania - 2006
Bel film visto in un lunedì estivo con cinema ovviamente semideserti, per la necessità di distrarmi un attimo da problemi
un po' angoscianti.
Nella vecchia Repubblica Democratica Tedesca (DDR)
degli attori ed autori di teatro hanno rapporti ambigui con il potere politico ed i servizi segreti, la famigerata Stasi.
Molti di loro si barcamenano tra la voglia di ribellione, che li porta ad esempio a pubblicare di nascosto articoli
sulla stampa della Germania occidentale, e la necessità di non esporsi troppo direttamente, il che li porterebbe diritti
in galera. Ma l'oppressione, tanto più atroce in quanto subdola ed ambigua, colpisce senza scampo: un intellettuale messo alla berlina
finisce con il suicidarsi, mentre un ministro senza scrupoli approfitta dei favori sessuali di un'attrice.
Ma il film racconta soprattutto la storia della progressiva presa di coscienza di un capitano della Stasi che ha il compito di
spiare ventiquattr'ore su ventiquattro la coppia dei protagonisti, un drammaturgo e l'attrice ricattata dal ministro.
Preso tra la necessità di fare il suo dovere di spia e la crescente empatia per gli spiati, finisce per aiutare questi ultimi,
falsificando tutti i suoi rapporti.
Il film è girato in modo asciutto e diretto, dove è la cruda realtà dei fatti a parlare e dove l'epilogo riesce comunque ad
essere estremamente toccante e commovente.
Uscendo dal cinema sorridevo un po', pensando a quello che succede spesso nella storia: i vincitori finiscono con l'assorbire
i vizi degli sconfitti. Così, oggi che la DDR per fortuna non c'è più, in occidente siamo ormai forse più spiati e controllati
di quello che erano i cittadini della Germania Est.