Questo è il primo film russo girato integralmente in tre dimensioni ed ho potuto vederlo in
anteprima internazionale al Festival del Film di Roma del 2013. In Russia il film era già uscito
nelle sale il mese prima, ad ottobre.
Come il titolo suggerisce in modo inequivocabile, il film è ambientato a Stalingrado nel 1942,
ovvero nel corso di quella che è stata forse la più sanguinosa battaglia della seconda guerra
mondiale, con circa un milione di morti, senza contare feriti e prigioneri di guerra.
Ma questo non è un film storico in senso stretto, visto che la sua ambizione non è quella di ricostruire
la sequenza degli eventi bellici. E' costruito piuttosto come una specie di istantanea, che
mostra ciò che accadeva nell'autunno del 1942, quando gran parte della città era stata occupata
dalle truppe tedesche, mentre resistevano molti capisaldi russi, a volte costituiti da poche
decine di soldati asserragliati in un palazzo o tra le rovine di edifici distrutti.
Le prime scene del film si svolgono però in epoca recente: vediamo una donna tedesca rimasta
prigioniera sotto le macerie a causa del terremoto di Kobe, in Giappone. Dall'alto, un volontario
russo, arrivato in soccorso, le parla cercando di farla rimanere calma.
Dopo questo prologo di pochi minuti veniamo subito trasportati nella Stalingrado del 1942 e solo alla
fine del film capiremo chi era quel soccorritore.
Il film è visto naturalmente dal punto di vista russo, ma vengono mostrati anche i tedeschi, sia
nella loro brutalità di invasori che nei loro aspetti più umani.
Iniziamo subito con il tentativo russo di riconquistare la città, attraversando nottetempo il fiume Volga
su migliaia di zattere. Ma i tedeschi, non in grado di resistere a quella offensiva, fanno esplodere i
loro vicini depositi di carburante, bloccando così l'attacco e bruciando vivi molti assalitori, alcuni dei quali
proseguono nella corsa pur essendo in fiamme, fino a piombare sui soldati tedeschi e morendo così
insieme a loro.
Già queste scene molto spettacolari ci dicono molto sullo stile del film. Bisogna dire che il 3D è stato
usato in modo sapiente per rendere molto spettacolare ogni scena.
A questo si aggiunge la buona qualità dell'audio, che rende molto realistiche le esplosioni delle bombe,
le raffiche dei mitra e tutti gli altri suoni.
Dopo questi eventi collettivi, si entra nel vivo della narrazione, che segue le vicende di un piccolo
gruppo di soldati russi, i quali, dopo il fallito assalto attraverso il fiume, si insediano in una casa
semidistrutta. Qui trovano, con sopresa, la proprietaria della stessa, per niente disposta ad
andarsene. Così la donna, Katia, che ha avuto tutti gli amici e parenti uccisi nei primi mesi di guerra,
diventa una specie di mascotte per il gruppo. I soldati fanno a gara nel trattarla con galanteria,
offrirle dei doni e mostrarsi coraggiosi. In nome di Katia la difesa della casa diventa più facile
e nessuno è disposto a lasciarla in balia dei tedeschi, che si trovano a poche decine di metri, nascosti
anche loro in una casa diroccata.
Questa situazione può sembrare finzione scenica, ma accadeva davvero a Stalingrado, tanto che la storia della
casa di Katia sembra ispirata alla (vera) Casa Pavlov: la forma del palazzo, ad esempio, è identica.
Tra tentativi di assalto alla casa, scorribande dei due gruppi nemici e spari dei cecchini, il film
ci mostra via via vari personaggi. Tra i russi un comandante capace ma spietato, Katia, un ex tenore, dei
marinai ed il cecchino, mentre tra i tedeschi troviamo un comandante molto formale ed un ufficiale coraggioso
ma inconcludente, nonché pieno di dubbi esistenziali.
Più avanti nasceranno due parallele storie d'amore, quella di un soldato russo per Katia, anche se in
realtà sono tutti e cinque innamorati di lei, e quella dell'ufficiale tedesco per Mascia, una ragazza
russa utilizzata inizialmente solo come passatempo.
E' qui che la narrazione si fa più interessante, dove i sentimenti divergono dallo
spirito bellico, dove le fiere certezze lasciano il posto ai dubbi. Tra le scene più belle, c'è
quella del compleanno di Katia: gli uomini le fanno dei doni, lei soffia la candelina e l'ex
tenore canta suonando al piano la celebre aria "Tosca è fuggita" (in russo), mentre nell'altro
campo l'ufficiale tedesco sente il canto ed urla al cielo il suo odio verso la guerra.
I combattimenti proseguono senza sosta e la fine sarà tragica per quasi tutti. Katia sarà uno dei superstiti
e poi, tornando al terremoto di Kobe del 1995, scopriremo chi è il volontario russo che aiuta
una donna tedesca. Come dire che la guerra è finita da un pezzo ed oggi russi e tedeschi non sono
più nemici, tanto che persino chi ha avuto i genitori uccisi in guerra, può aiutare oggi con
misericordia i figli di coloro che uccisero.
Tra gli aspetti più interessanti di questo film ci sono sicuramente la spettacolarità delle scene,
aumentata dall'uso delle tre dimensioni, l'ottima qualità dell'audio e la buona recitazione
degli attori, soprattutto, ironicamente, per quando riguarda l'ufficiale tedesco (Thomas Kretschmann) e poi Katia (Mariya Smolnikova) ed il comandante russo (Pyotr Fëdorov), mentre spicca la bellezza di Mascia (Yanina Studilina).
Il regista è Fëdor Sergeevič Bondarčuk, che è un figlio d'arte, visto che suo padre è stato lo sceneggiatore, attore
e regista russo Sergej Fëdorovič Bondarčuk. Tutti i protagonisti, il produttore ed il regista erano presenti in sala
e sono stati salutati dal pubblico al loro ingresso ed alla fine della proiezione.
Tra gli aspetti che mi hanno invece lasciato perplesso spicca soprattutto quella che io considero un'insufficiente
articolazione della sceneggiatura. Passa molto tempo (e siamo ben oltre la metà del film) prima che il carattere
dei vari personaggi si manifesti in tutta la sua complessità. Ed anche così la storia di ognuno non emerge molto dai
dialoghi, come ci si aspetterebbe, ma ci viene raccontata da una voce fuori campo, per forza di cose tendente alla retorica.
Si rimane con una sensazione di inappagamento per quei racconti, sentimenti, conflitti personali, che avrebbero potuto emergere
con maggiore chiarezza e rimangono invece solo abbozzati.
Un'altra perplessità riguarda alcuni particolari effetti, come la quasi pausa seguita dall'accelerazione, nei combattimenti
corpo a corpo, neanche fosse un film di kung fu! O qualche dettaglio tecnico, come individuare una casa dando solo i gradi di
longitudine e latitudine, che definiscono invece un quadrato avente il lato ampio decine di km (ma forse questa possiamo passarla
per semplificazione filmica...).
Insomma il film è spettacolare e crudo, è un kolossal con centinaia di comparse, è parzialmente ben recitato e racconta
eventi veri e tragici. Poteva però essere più articolato sul piano della narrazione e rinunciare a qualche effetto di troppo.
E' un bel film, ma non sarà ricordato come un capolavoro.
|
|