Checco Zalone, al secolo Luca Pasquale Medici, è il comico del momento. Partito bene con film come "Cado dalle nubi"
e "Che bella giornata", andato avanti migliorando con "Sole a catinelle", arrivato al quarto film è salito alle stelle.
Sto parlando degli incassi, naturalmente, e questo film li ha battuti tutti, diventando il film più visto di sempre in Italia.
La prima cosa che mi sono chiesto, andando a vedere "Quo vado?", è se quindi il contenuto soddisfacesse tutte le aspettative che
uno si era fatto vedendo quanti biglietti erano stati venduti. Che dire? Il film è carino, ma certo non è un
capolavoro della cinematografia mondiale, come era ampiamente prevedibile.
La gente oggi a volte ha voglia di divertirsi senza problemi, pensando e riflettendo, certo, ma senza esagerare ed è qui
che arriva Zalone, a servirci film leggeri e scacciapensieri, dove però sono visibili in filigrana problemi ben più seri.
Bisogna dire che la trama qui è più costruita rispetto ai film precedenti, dove spesso era quasi un pretesto, anche se è sempre
basata sull'esegesi dei difetti principali di noi italiani, cioè di quei vizi che noi tutti siamo disposti a riconoscerci. In
questo caso al centro della critica zaloniana c'è l'attaccamento al posto fisso, con gli inevitabili corollari
della raccomandazione e dell'inefficenza.
Checco, felice e appagato impiegato alla Provincia, nell'occasione dell'abolizione delle province deve scegliere se dimettersi,
in cambio di un lauto assegno di fine attività, oppure accettare l'incognita del trasferimento chissà dove. Egli rifiuta e
così il ministero, per spingerlo alle dimissioni, lo invia in vari luoghi remoti: sulle Alpi, a Lampedusa, in Sardegna, ecc.
Spinto anche dal senatore che lo ha raccomandato (un cameo di Lino Banfi), Checco non demorde e si adatta ad ogni situazione,
facendo quasi impazzire la solerte funzionaria ministeriale che lo perseguita, interpretata da Sonia Bergamasco.
Viene infine trasferito in una base italiana di ricerca fra i ghiacci dell'artico, nelle isole norvegesi del Mare del Nord, dove
conosce una bella e disinibita ricercatrice, bene interpretata da Eleonora Giovanardi, con la quale inizia una relazione.
Tra alti e bassi e un tentativo di ritorno in Italia, nel meridione, tra criminalità organizzata e preti democratici, alla fine
la coppia si ricongiungerà in Africa, con i figli dal primo al quarto letto.
Tra i punti a favore del film ci sono molte osservazioni su luoghi, persone e modi di fare. Sguardi divertiti, così,
alla vita di provincia, dove il lavoro è a un passo da casa, si ride con gli amici e si cena con l'eterna fidanzata.
E dove negli uffici non si fa quasi nulla.
Ma sguardi divertiti anche alla vita in Norvegia, dove è tutto molto civile ma spesso la gente è profondamente depressa
dall'eterna notte del periodo invernale.
A volte si scivola però sui luoghi comuni sugli italiani: caciaroni, amano suonare il clacson ai semafori, adorano l'auto
in doppia fila, e pensano che una donna debba essere per forza una segretaria e mai la dirigente.
Complessivamente, comunque, il film diverte e forse fa persino riflettere un po', magari i tanti travet nostrani per i quali
il messaggio è: c'è un mondo là fuori, la stanza dell'ufficio non contiene tutto, forse la vita può essere anche altro.
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