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Vinicio Coletti presenta

Caetano Veloso a Roma

Concerto - Caetano Veloso - Brasile - 2010


Dopo aver acquistato in anticipo il biglietto per il concerto di Caetano Veloso del 17 luglio a Roma, ho preparato con cura il mio zaino: panini, bottiglie d'acqua, farmaci di emergenza, macchina fotografica e telecamera.
Il concerto si svolgeva infatti nell'ippodromo delle Capannelle, il che lasciava immaginare ampie distese brulle, grande affluenza e confusione.
Arrivato all'ippodromo, mi sono subito reso conto che la situazione era completamente diversa, perché il concerto si sarebbe tenuto in un angolo dell'ippodromo, nello spazio utilizzato da "Fiesta latina", una manifestazione che ospita ogni sera cantanti latinoamericani e dove poi si balla al ritmo di samba, salsa, merengue e quant'altro.
Lo spazio è organizzato come l'interno di un ranch, circondato da bar e locali di ogni genere, per cui non c'è nessuna necessità di beni di conforto ed è anzi possibile ordinare carne cotta alla brace, da innaffiare con abbondante birra, naturalmente messicana.
Anche l'affluenza è diversa da quella che avevo immaginato, tanto che il concerto inizia dopo le ventitre, proprio per fare in modo che la piazzetta si riempia in modo adeguato.
Quando la musica inizia, tutti i pensieri vanno via ed inizio ad ascoltare e fare riprese con la mia telecamera, cosa che da qualche tempo mi diverto a fare. Devo però lottare con quelli che vagano di qua e di là, passandomi inevitabilmente davanti, con le oscillazioni del pavimento di legno e con chi preferisce conversare ad alta voce.
Caetano canta, con i capelli grigi e gli occhiali, il corpo asciutto, imbracciando una bella chitarra elettrica che è solo corde e bordo, per il resto vuota.
Mi sembra sereno e soddisfatto, dopo una vita piena di avventure, dall'infanzia nella cittadina di Santo Amaro, alla giovinezza nella vicina Salvador, con la scoperta della musica, del cinema (soprattutto italiano) e del teatro, la feconda confusione di Rio ed il trasferimento a San Paolo, tra bohème culturale, cenacoli artistici, arte contemporanea, riscoperta delle melodie più tradizionali e nascita del Tropicalismo, per finire poi arrestato e quasi giustiziato dopo il colpo di stato militare.
E poi l'esilio a Londra, il ritorno in Brasile, il successo internazionale, gli Stati Uniti, la vicinanza con molti intellettuali italiani, l'impegno politico a favore di Lula, per decidere infine di tornare nella sua Salvador da Bahia, circondato da una famiglia grande ed affettuosa.
So molte cose di Caetano, soprattutto per aver letto e commentato "Verità tropicale", il suo libro autobiografico. Ed a vederlo lì davanti a me che suona, con la bella voce che evoca panorami assolati ed una felicità malinconica, con le sue curiosità, tipiche della sua e della mia generazione, lo sento quasi come un fratello lontano, o meu irmão brasileiro.
Canta "A cor amarela", canzone dedicata ad una bella ragazza bruna in bikini giallo, intravista sulla spiaggia, canta "Lapa", dedicata all'omonimo quartiere di Rio de Janeiro, un quartiere "cool e popolare" detto anche "la Montmartre di Rio", e poi, lui che ama tutta l'America, nessun paese escluso, dal Canada fino giù alla Terra del Fuoco, esprime tutte le sue perplessità ripetendo ossessivamente per un'intera canzone: "... certo che questi americani che parlano di diritti umani e poi hanno Guantanamo, la base di Guantanamo, la base della baia di Guantanamo, certo che questi americani...".
In tutte le canzoni c'è un senso di apertura, si intravedono panorami ariosi e forse è per questo che sul palco è presente un deltaplano a fare da sfondo. A volte guarda il pubblico e sorride ed ho persino l'impressione che ad un certo punto stia sorridendo proprio a me ed alla mia telecamera.
Il concerto finisce e viene annunciato il prossimo ingresso di ballerine sul palco. Nei camerini c'è folla in attesa e così vado via, molto contento di aver visto Caetano Veloso per la prima volta dal vivo, in un concerto memorabile.


 

 

18 luglio 2010